A questo punto bisogna proprio ammettere che aveva ragione Winston Churchill (che in effetti al riguardo la sapeva lunga) quando definì la Russia alla stregua di “un rebus, avvolto in un mistero, dentro un enigma”. In effetti, interpretare ciò che avviene in quel Paese è estremamente difficile, specialmente in quel settore di confine che è il rapporto tra politica e religione.
Due versioni della stessa notizia stanno lì a dimostrarlo. La prima evidenzia un sordo malumore nella comunità cattolica alla riunione del Consiglio per i rapporti con le confessioni religiose. La seconda dice che ad essere discriminati sono stati semmai i Testimoni di Geova. Comunque stiamo le cose, oggetto del contendere è il nascente Consiglio per la cooperazione con le associazioni religiose, cui il leader russo Medvedev annette grande importanza (al punto da essersene assunto la guida in prima persona) ai fini dell’educazione della gioventù.
Come viene spiegato, infatti, il successore di Putin è convinto “che le giovani generazioni devono riscoprire le loro radici religiose dopo il vuoto di valori generato dall’epoca sovietica e consolidatosi negli anni ’90. Per il presidente la mancanza di punti di riferimento morali colpisce soprattutto la fascia di età tra i 14 e i 30, che rappresenta circa un quarto della popolazione complessiva. Nell’Anno della gioventù, che si celebra nel 2009, lo Stato vuole sviluppare una politica giovanile più efficace, avvalendosi proprio della collaborazione delle associazioni religiose sia a livello federale che regionale, proseguendo la cooperazione già stabilita sul tema della famiglia”.
Lo Stato, dunque, ha bisogno dell’apporto proveniente dal mondo delle religioni per essere supportato nella propria opera formativa vantaggio delle nuove generazioni. E questo non è un mistero neppure nella misteriosa Russia.
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