Insegnamento della religione: polemiche in Russia per un progetto che favorirebbe l’Ortodossia

L’insegnamento della religione, si sa, è spesso fonte di polemiche. Solo che stavolta non stiamo parlando del nostro Paese, bensì della Russia, e la religione in questione non è il Cattolicesimo bensì l’Ortodossia. Secondo un sondaggio realizzato dal centro di ricerche specializzato Levada Center e i cui risultati sono stati diffusi dall’agenzia Asia News, infatti, la grande maggioranza dei russi (in una percentuale stimabile attorno al 70%) sarebbe favorevole all’introduzione di corsi sui “Fondamenti della cultura ortodossa” nelle scuole pubbliche del Paese. Come viene spiegato nell’articolo,”l’insegnamento della cultura ortodossa nelle scuole elementari e medie russe è diventato oggetto di dibattito pubblico da quando il ministero dell’istruzione ha annunciato il lancio di un progetto pilota per la “Formazione spirituale e morale” degli studenti. Dalla primavera di quest’anno 20mila classi in 12mila scuole della Federazione inseriranno nel loro curriculum formativo un corso dedicato alla studio di una religione a scelta tra cristianesimo ortodosso, islam, giudaismo o buddismo”.

Tutti d’accordo, dunque? Neppure un po’, in quanto le confessioni religiose non Ortodosse (specialmente l’Islam, ma non solo) stanno elevando le loro proteste nei confronti del progetto, reo tra l’altro di “imporre divisioni dei bambini in base alla loro religione”. Critiche vengono comunque anche dall’interno dello stesso mondo cristiano non Ortodosso, che accusa il Cremlino di “voler affermare la posizione dominante dell’ortodossia ai danni delle confessioni cristiane minoritarie”. Altre critiche si appuntano infine sulla volontà dei dirigenti moscoviti di favorire “il ritorno in auge delle religione ortodossa con lo scopo di affermarla come puro elemento di identità nazionale”. E qui (per la serie “tutto il mondo è paese”)  sembra veramente di essere tornati a casa.

Russia: istituito un Consiglio tra le associazioni religiose

A questo punto bisogna proprio ammettere che aveva ragione Winston Churchill (che in effetti al riguardo la sapeva lunga) quando definì la Russia alla stregua di “un rebus, avvolto in un mistero, dentro un enigma”. In effetti, interpretare ciò che avviene in quel Paese è estremamente difficile, specialmente in quel settore di confine che è il rapporto tra politica e religione.

Due versioni della stessa notizia stanno lì a dimostrarlo. La prima evidenzia un sordo malumore nella comunità cattolica alla riunione del Consiglio per i rapporti con le confessioni religiose. La seconda dice che ad essere discriminati sono stati semmai i Testimoni di Geova. Comunque stiamo le cose, oggetto del contendere è il nascente Consiglio per la cooperazione con le associazioni religiose, cui il leader russo Medvedev annette grande importanza (al punto da essersene assunto la guida in prima persona) ai fini dell’educazione della gioventù.

Come viene spiegato, infatti, il successore di Putin è convinto “che le giovani generazioni devono riscoprire le loro radici religiose dopo il vuoto di valori generato dall’epoca sovietica e consolidatosi negli anni ’90. Per il presidente la mancanza di punti di riferimento morali colpisce soprattutto la fascia di età tra i 14 e i 30, che rappresenta circa un quarto della popolazione complessiva. Nell’Anno della gioventù, che si celebra nel 2009, lo Stato vuole sviluppare una politica giovanile più efficace, avvalendosi proprio della collaborazione delle associazioni religiose sia a livello federale che regionale, proseguendo la cooperazione già stabilita sul tema della famiglia”.

Lo Stato, dunque, ha bisogno dell’apporto proveniente dal mondo delle religioni per essere supportato nella propria opera formativa vantaggio delle nuove generazioni. E questo non è un mistero neppure nella misteriosa Russia.

Russia: polemiche per le preghiere via web

D’accordo mettere i moderni mezzi che la tecnologia mette a disposizione al servizio delle religioni per permettere alle medesime di diffondere più agevolmente il loro messaggio. Si tratta di iniziative già ampiamente diffuse e di cui abbiamo largamente parlato anche nel blog. Il caso di cui parla il quotidiano moscovita Izvestia, come riportano le cronache, sembra però leggermente diverso. Pare infatti che tramite il servizio in questione, “anche le chiese e i monasteri ortodossi della Russia hanno deciso di realizzare una serie di servizi a pagamento dedicati alla salute e all’anima dei propri cari”. In particolare, un monastero di Valaam, al costo di 150 rubli (circa quattro euro) invierebbe una preghiera per il defunto nei quaranta giorni successivi alla morte. E se 150 rubli sembrassero tanti (è da ricordare che la Russia versa in gravi condizioni economiche) si specifica che altri monasteri offrono il medesimo servizio –che non ha mancato di suscitare polemiche- anche per cifre inferiori. E chissà: magari, a fine stagione, arriveremo alle preghiere in saldo.